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Sunday 24 March 2013

Eutanasia e morte naturale.



Eutanasia: tema discusso, tema tempestoso, tema sempre bollente. Qualche giorno fa è stato l’anniversario della morte di Eluana Englaro, caso che scaldò l’Italia per mesi. Riposto in seguito un lungo passo (lungo, ma ne vale la pena) tratto dal libro “disputa su Dio e dintorni”, chiacchierate tra Corrado Augias e Vito Mancuso, docente di Teologia al SanRaffaele di Milano (http://www.vitomancuso.it/) che dà un parere cristiano, quanto forte e limpido, su questo difficile tema. Segue uno scambio di lettere tra Mancuso e una dottoressa della Rianimazione di un “grande ospedale”, intermediaria per i dubbi e le sofferenze diuna sua (fortissima, ndr), paziente. Questo scambio rende la realtà, concreta, dura, che tantissime persone sono costrette, più o meno direttamente, a vivere ogni giorno, alla ricerca di conforto, ma soprattutto, risposte.


Euthanasie - By Waldenfalke - Deviantart


L’etica della Chiesa è chiamata a servire la vita concreta dell’uomo, non ad aggiungere sofferenze psichiche e spirituali ai dolori già in essa presenti. Accettato questo criterio guida che pone al vertice l’uomo concreto nella situazione concreta, e non una disincarnata fedeltà alla dottrina ecclesiastica, tutto si chiarifica. Vengo alla corrispondenza. Nel marzo 2007 ricevetti una lettera da una dottoressa di un grande ospedale milanese, la quale mi parlava di una sua paziente da molti anni alla presa con una malattia debilitante, causa di dolori sempre più insopportabili, che stava ormai da tempo pensando alla possibilità di farla finita.
Alla lettera risposi così:

Mi scuso se rispondo solo ora, ma solo ora ho trovato il tempo per farlo. Tra l’altro recentemente sono passato vicino al viale… e ho pensato a lei e alla sua paziente. Lei sa benissimo che si tratta di un tema sul quale non ci sono risposte chiare  e valide per tutti allo stesso modo. Il molto parlare che si è fatto del caso ha dimostrato come ci siano ragioni da una parte e dall’altra. Pochi giorni fa ho dovuto preparare un intervento dal titolo “il dolore inutile” e il succo che ne ho tratto è che non esiste dolore inutile.
Nel passato, e presso alcuni ancora oggi, si vedeva nel dolore un mezzo necessario per la salvezza: il dolore necessario come espiazione richiesta da Dio per lavare il peccato. Lei ha visto che rifiuto questa impostazione, come del resto quella quasi blasfema del dolore colpevole, cioè come castigo di Dio. Ma questo, a mio avviso, non significa ritenere che il dolore sia inutile, senza senso. Io penso che dobbiamo pensare al mondo come a un processo in continua costruzione, e alle sofferenze che in esso avvengono come il prezzo necessario per tale costruzione. L’evoluzione del mondo è possibile solo al prezzo della sofferenza, così come il lavoro è possibile solo al prezzo della fatica. E’ la legge intrinseca delle cose, che la maturità spirituale porta ad accettare. Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di rimanervi, sapendo che esso ci ha generato e che ancora continua a generarci. Ogni istante lo fa, con l’aria che ci mantiene in vita.
Non ci sono dolori richiesti da Dio, meno che mai ci sono dolori mandati da Dio, come castigo, neppure però ci sono dolori inutili. Chi soffre, come diceva Teihlhard de Chardin, sta sulla linea del fronte in questo processo che si chiama vita. Lo so che possono sembrare parole retoriche, ma io penso che la ricchezza della nostra anima è tale che può giungere a dare un senso a tutte le cose, e che accettare la sofferenza in unione con la sofferenza di tutte le cose del mondo sia un gesto di grande importanza spirituale.
Ovviamente questo discorso non esclude che si combatta il dolore fisico con tutti i mezzi possibili, antidolorifici, oppiacei, di cui anzi l’uso va incoraggiato. Ma smettere di soffrire fisicamente significa cessare di soffrire anche a livello psichico e spirituale? Purtroppo sappiamo che non è così. C’è una dimensione della sofferenza che non sarà mai vinta dalla chimica, che non attiene al corpo ma attiene all’anima, e più l’anima sa, più l’anima soffre. La vittoria dell’uomo sulla sofferenza non sarà ma solo una questione farmacologica. Anche per questo a un certo punto, dopo molti anni, l’organismo e la psiche possono non farcela più, ci si sente svuotati e si vuole farla finita. Per questo dicevo che non ci possono essere risposte preconfezionate. Ma fino a quando si può, penso che non si debba fuggire dal posto in cui la vita ci ha messo. La prego di farmi sapere, in tutta sincerità, l’opinione sua (e se crede della paziente) su quanto ho scritto. Ma solo se mi dice davvero il suo pensiero, senza lesinare le critiche più taglienti. E’ solo così che si cresce nella ricerca della verità. “

Qualche giorno dopo questa fu la sua risposta:

la ringrazio anche a nome della mia paziente, per la sua risposta, che non abbiamo trovato per niente banale. E’ sempre difficile trovare persone come lei che siano disponibili a trattare un tema così attuale come il dolore e la sofferenza ma che tutti preferiscono ignorare. Io faccio fatica ad accettare l’utilità del dolore innocente, anche perché non capisco perché si accanisca con certe persone a volte in modo così curdele. Invece è diverso il punto di vista di C, mia amica-paziente, che mi mandato una mail a questo proposito, dedicata a lei: “ il problema che mi pongo ora non riguarda il senso del dolore, su cui condivido il pieno il suo pensiero. Non lo ritengo utile, fa parte di un mistero che ho imparato ad accettare razionalmente. Da molti anni sono riuscita a superare l’idea terribile e direi inevitabile del dolore colpevole, castigo di Dio, grazie ad un medico antroposofo, e ho anche scoperto la grandiosa figura di Cristo che con l’indottrinamento da me ricevuto mi era stata, direi, sottaciuta. Il sentirmi partecipe della Sua sofferenza per la costante evoluzione della natura delle natura con le reiterate incarnazioni mi ha allora aiutato proprio nel non colpevolizzare Dio. Ma dopo troppi anni il dolore è diventato onnipresente, ossessivo nelle sue variegate forme, il mio unico universo, ormai, senza una fine. E allora uno non si chiede neppure più il senso del dolore, chiede solo la fine del dolore. .. chiede in fondo pietà e misericordia da Dio padre. Dio è amore, ha dato suo figlio e si è ritirato: NON PUO’ intervenire. Dio è amore, mi ama e mi accetta per quella che sono-questa e la costante che continuo a sentirmi dire. Ma se mi ama  e non può aiutarmi, posso andare io da Lui e dal suo Amore, certe che, proprio perché Amore, Lui mi capisce e accoglie?”

la mia risposta alla dottoressa fu la seguente:

“riferisca per cortesia alla sua paziente che io non so cosa dire di fronte alla sua bellissima lettera, se non che ha perfettamente ragione. Capisco bene che si può arrivare al punto di non desiderare altro che farla finita, e arrivare a casa, qualunque essa sia. C’è anche un passo della Bibbia che lo dice: “ Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno che una malattia cronica” (Sir 30,17)
Abbracci forte la sua paziente per me e le dica che le sono vicino e solidale, qualunque cosa essa voglia fare di se stessa. Il Padre è padre e il padre sa. “

Qualche giorno dopo,

“le scrivo per esprimere la mia, la nostra gratitudine per la sua ultima mail. C. è rimasta davvero molto commossa dalle sue parole. Tutti, quando accennava a questi temi, si limitavano, nella migliore delle ipotesi, ad esprimere la loro comprensione. Lei invece è stato l’unico ad andare nel profondo, a farla sentire capita, accolta e “abbracciata”. In questo momento C. sta particolarmente male… e’ anche per questo che faccio volentieri da intermediaria.”

Qualche tempo dopo, ricevetti una lunga lettera di C., quasi una specie di relazione impersonale, senza un interlocutore preciso, di cui riporto alcuni passaggi:

“che sollievo! L’opinione e la solidarietà del signor Mancuso mi avevano dato conferma della misericordia, dell’accoglienza amorosa di Dio padre, certa che capisse le mie motivazioni. Finalmente mi sentivo in PACE, ci poteva essere  una FINE, mi potevo abbandonare con fiducia a Lui, se proprio non ce la facevo più di fronte alla vita. Per più di 40 anni credo, in coscienza, di aver fatto tutto il possibile per accettare e convivere con questa sorte capitatami. Questi ultimi anni, specie questi ultimi mesi… non riesco più a gestire i miei gravi problemi sanitari e pratici, non ho più le forze per accettare un prolungamento indeterminato della situazione. Ho pregato che fosse lui a porvi temine, che non mi indicesse in tentazione … “chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”… Niente!
Ma ora mi sento GIUSTIFICATA, CAPITA.
Ecco però riemergere la grande contraddizione della figura del Figlio obbediente fino alla morte…anche se, senza voler essere blasfema, il Suo calvario e morte si sono conclusi in tre giorni…
“prendete la vostra croce e seguitemi” e tante altre Sue affermazioni di TOTALE ACCETTAZIONE mi mettono nuovamente in crisi.
D0altra parte ci sono moltissime sue affermazioni sulla FIDUCIA NELL’AMORE DEL PADRE. E allora?
Mi rivolgo a Cristo, so che Lui è qui, ma non fa niente neanche Lui…
Cosa ne faccio di me? Posso porvi fine senza giocarmi, dopo una simile esistenza terrena, anche l’altra vita?”

Risposi:

“Cara dottoressa, dica a C. che non deve pensare, nemmeno un secondo, che Dio, il mistero personale all’origine della vita e dell’intelligenza, possa rifiutare di accogliere la sua anima nella dimora eterna perché, a seguito di anni di sofferenza, lei vuole farla finita.
Io penso che la sofferenza abbia un valore spirituale immenso, può essere fonte di purificazione per la propria anima e di immissione di energia psichica pulita nel sistema del mondo, ma se uno dopo anni e anni non ce la fa più, occorre semplicemente prenderne atto e anche Dio, anzi, Dio per primo, che legge i cuori nell’intimo, lo fa. Non bisogna mai pensare a Lui con timore, mai. L’amore intelligente e sussistente che lui è, deve essere per noi fonte di sollievo e di gioia, gioia purissima, eterna consolazione. Anche Gesù è caduto vittima della disperazione per un momento (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”) ma poi è giunto a dire “Padre, nelle tue mani affido il mio Spirito”.. questo non dobbiamo mai stancarci di ripetere, di affidare il nostro più intimo io, lo spirito, a colui che ne è all’origine.
Un abbraccio forte a tutte e due, con affetto sincero.”

Termino dicendo che la signora in cui nome inizia per C continua la sua vita lottando ogni giorno per strappare un po’ di senso e serenità.
Concretamente, cercando di aderire il più possibile alla vita, terribile e bellissima, io penso che:
1)      Il più alto livello della dignità umana consiste nell’esercizio della libertà compresa quella su se stessi. Anzi, prima di tutto quella su se stessi. Quale libertà sarebbe se non si può deliberare su di se? Il senso dell’intera creazione consiste ex parte Dei nella posizione della libertà ed ex parte hominis nell’esercizio della libertà, perché è questo che ci distingue dagli altri esseri viventi, facendoci, noi solo, a immagine e somiglianza di Dio.
2)      Io sono    convinto che si debbano accogliere le sofferenze della vita, usandole per compiere se stessi ed edificare gli altri, contribuendo a portare ordine, armonia e sapere nel mondo. Anche sapere. Già gli antichi greci parlavano di “conoscenza attraverso il dolore”, così come si legge nella preghiera cantata dal coro a Zeus nell’Agamennone. La sofferenza, accettata, conduce alla forma più alta di conoscenza umana, che è la sapienza. Per questo accettare e vivere la sofferenza è una delle più grandi opere che un uomo può compiere, forse la più difficile e la più eroica.
3)      Nessuno deve costringere un altro a soffrire. Ognuno deve scegliere, nessuno può essere costretto. La costrizione ha un nome preciso. Tortura.
4)      Tanto meno può costringere alla sofferenza uno Stato laico, che deve essere la casa di tutti, dove tutti si sentono rappresentati ed accolti.
5)      Quanto alla morte naturale, che cosa vuol dire “naturale”? significa forse non scelta dall’uomo, ma scelta da Dio, nel senso che sarebbe Dio a decidere quando un uomo deve morire?  Si vuole dire con questo “naturale”? io presumo che dietro la dottrina ufficiale ci sia questo modo di vedere Dio, che sia Dio che decide la morte. Bene. Anzi, male, perché qui si apre una voragine: c’è chi muore travolto da un tir per un colpo di sonno dell’autista…morte naturale voluta del Cielo? C’è chi muore annegato in una tempesta marina o sbranato da un cane. Morte naturale voluta dal Cielo? Sono innumerevoli i casi si come si muoia assurdamente a causa della natura, e le pagine dei giornali ne sono piene…e poi ci sono le malattie, anch’esse “naturali”. Quanti sono, lungo i secoli, gli uomini morti di morte naturale a causa della peste, del vaiolo, del colera, della TBC, della difterite, tetano, tutte rigorosamente “biologiche”? E se oggi queste malattie sono sconfitte è solo grazie all’intelligenza umana e all’arte “sacra” della medicina. Oggi si muore di cancro, di Aids, e di altre malattie naturali, ma anche queste, un giorno, verranno sconfitte. Che pensano i paladini della morte naturale a riguardo? Che i ricercatori di oggi che cercano di sconfiggere tali malattie naturali stiano agendo contro la volontà di Dio? (…) se Dio fosse davvero il responsabile della vita e della morte degli esseri umani, io sarei ateo, perché non potrei tollerare che si prendesse così malignamente gioco di tanti di noi.

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