Pages

Ads 468x60px

Sunday 28 April 2013

La Svizzera chiude le frontiere. Damn.

Sento oggi, alla radio, una notizia come-quasi-circa-shock: la Svizzera chiude le frontiere ai lavoratori extracomunitari, e dell'UE. C'è da dire che il programma radio sembra gestito da una banda di simpaticoni, e la prendo come una battutona (ahahahahah che rrrridere!!!) elaborata a partire dalla panoramica della politica italiana, che da un po' di tempo a questa parte offre colori e gusti sempre più ... ricercati. Ed è proprio di fronte a tali schifi che la mia idea di trasferirmi dal nonno di Heidi si fa sempre più concreta, di giorno in giorno, tanto più che gli svizzeri hanno bisogno di medici, così dicono, io ci credo, ci voglio credere.
Per cazzeggio, dopo quella trasmissione radio, guardo su google se questa battutona ha un briciolo di fondamento o meno, così, per scrupolo. Meglio se non l'avessi fatto .... il fondamento c'è, eccome.
FRONTIERE CHIUSE ALL'IMMIGRAZIONE.
Dopo lo stupore, e la bestemmia mentale, accenno un sorriso, mezzo triste, mezzo ironico: mi viene in mente quando anche l'Italia lanciava questi slogan, fomentati in particolare dal Centrodestra,  "stop agli immigrati, più lavoro per i nostri cittadini!!!" .... Che sarebbe successo a noi, se davvero fossero state chiuse le frontiere dell'occupazione, in quei fine anni novanta - inizio duemila?
 Beh, facile immaginarlo: di certo ci sarebbero state delle accuse di fascismo e di intolleranza. Magari pure di razzismo e di autoritarismo. Insomma, i benpensanti di sinistra, si sarebbero stracciati le vesti. E chi se la dimantica la Boldrini???
Evidentemente in Svizzera non hanno né la Boldrini né la sinistra travistita da comunista, né i salottini radical chic dove l’integrazione è bella se assume la sostanza di un mero esercizio retorico e a sorbirsela è il popolino, mentre loro – i radical chiccheristi – sorseggiano cherry e dissertano di affari e mostre d’arte su poltrone di velluto e nei privè di alberghi a sette stelle, negli yatch al largo della Costa Smeralda, ovvero nei ristorantini esclusivi dove si servono caviale e champagne a fiumi. 

.... Fortunata la Svizzera, dico io; paese che guarda soprattutto ai suoi interessi e agli interessi dei suoi cittadini. I governi sono così democratici che quando non sanno come risolvere un problema o quanto ritengono che la questione è di interesse troppo generale per essere liquidata con un patto tra le segreterie dei partiti, la sottopongono a un referendum. I cittadini votano e scelgono. Il governo esegue, senza troppi patemi d’animo e senza tentare, in qualsivoglia modo, di aggirare il responso referendario; vizietto molto in voga nel nostro paese.
E così gli svizzeri hanno deciso: chiudono le frontiere ai cittadini europei tutti, compresi gli italiani. Dalla mia ricerca, infatti, le autorità svizzere hanno infatti esercitato quanto è previsto nella “clausola di salvaguardia” (stabilita negli accordi bilaterali sulla libera circolazione tra la Svizzera e l’Unione Europea). Conseguentemente – da come si legge nel comunicato – “nei prossimi dodici mesi, i cittadini degli Stati dell’Ue avranno un accesso limitato al mercato del lavoro svizzero“. In altre parole: l’accesso sarà controllato, verificato e l’autorità svizzera si riserverà il diritto di respingere l’aspirante lavoratore alla frontiera.

Il motivo si intuisce. La Svizzera teme le ondate di profughi (europei ed extraeuropei) che potrebbero riversarsi nel suo territorio in modo incontrollato. Non vuole problemi e il lavoro lo vuole preservare per i cittadini svizzeri, che certo non sono esenti dalla crisi economica globale, soprattutto essendo il paese alpino circondato dai paesi dell’Unione Europea. 
Naturalmente Bruxelles ha sollevato proteste, ma gli svizzeri hanno rimandato con eleganza e diplomazia la lamentela all’ingombrante mittente. “Siamo amici e lo resteremo” ha rassicurato Simonetta Sommaruga, ministro della giustizia. Il che significa che amici sempre, ma prima vengono gli svizzeri e poi gli altri. Egoismo? No, semplice buon senso e tutela dei propri interessi, che in questo periodo di crisi si rende quasi necessaria.  azione che di certo il tentennante, instabile, procrastinatore onnigoverno italiano sarebbe incapace di sostenere.